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Accolto il ricorso sul diritto al trasferimento della nostra assistita

E proprio nelle stesse ore in cui viene firmato un Contratto Integrativo sulla mobilità che ancora una volta non tutela gli insegnanti, negando il diritto di precedenza nei trasferimenti per assistenza ai genitori con disabilità grave, la Corte d’appello di Firenze accoglie il ricorso Anief e dichiara il diritto al trasferimento della nostra assistita.

Chiarissime le motivazioni con cui la Corte d’appello ha bocciato il contratto integrativo sulla mobilità: “Sembra necessario concludere che alla procedura di mobilità di cui è causa debba applicarsi il disposto dell’art. 33 della L. 104/1992. E a maggior ragione si impone una simile conclusione quanto all’art. 601 del D.Lgs. 297/1994, che alla mobilità fa espresso riferimento.

D’altra parte, nella materia di interesse, non [può] prescindersi dalla disciplina dettata dalla Direttiva 78/2000, che “stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”(pacificamente applicabile al rapporto di impiego pubblico, in ragione dell’espressa previsione dell’art. 3), che all’art. 5 si occupa anche della disabilità, essendo il giudice nazionale tenuto all’interpretazione conforme del diritto interno.

È certo, infatti, che le garanzie approntate dal diritto dell’Unione allavoratore disabile si applichino anche nei casi in cui si faccia astrattamente questioni di discriminazione associata, in cui cioè il lavoratore o la lavoratrice non sia immediatamente portatore del fattore di protezione (nella specie l’handicap), ma assuma (e provi) comunque un trattamento differenziale in ragione della sua relazione con il portatore del fattore, come nel caso dell’handicap potrebbe tipicamente accadere al care giver, il soggetto che si prende cura del disabile, che è ciò che qui specificamente interessa.

Una tale condizione rientra infatti sicuramente nell’ambito di applicazione delle tutele antidiscriminatorie come ha chiarito la Corte di Giustizia nella sentenza CgUe, 17 luglio 2008, C-303/06 Coleman, secondo cui “il divieto di discriminazione diretta […] non è limitato alle sole persone che siano esse stesse disabili.

Qualora un datore di lavoro tratti un lavoratore, che non sia esso stesso disabile, in modo meno favorevole rispetto al modo in cui è, è stato o sarebbe trattato un altro lavoratore in una situazione analoga, e sia provato che il trattamento sfavorevole di cui tale lavoratore è vittima è causato dalla disabilità del figlio, al quale presta la parte essenziale delle cure di cui quest’ultimo ha bisogno, un siffatto trattamento viola il divieto di discriminazione diretta”.